Sono nove i siti che compongono il percorso arabo normanno riconosciuto dall’Unesco nel Palermitano, come Palazzo Reale e la Cappella Palatina, la Cattedrale, san Giovanni degli Eremiti, la Zisa, la Martorana, san Cataldo, il Ponte dell’Ammiraglio, il duomo e il chiostro sia di Monreale che di Cefalù, ma a questi se ne potrebbero aggiungere altri 5 che presentano dei margini di intervento che non richiedono interventi complessi. Si tratta del Castello a Mare, della Cuba, del Castello di Maredolce con il Parco della Favara, della chiesa di Santa Maria della Maddalena e la Magione. Una prima rosa che farebbe da apripista ad altri siti che però, al momento, presentano criticità che richiedono interventi più complessi e di più lungo respiro. Di questo si è parlato oggi al seminario su come “Accrescere le potenzialità del sito Unesco arabo normanno” all’oratorio dei santi Elena e Costantino, luogo peraltro aperto dalla fondazione Federico II che lo gestisce. Sulla scia di Palermo capitale della cultura 2018 oggi un tavolo di esperti tra accademici, Unesco, Fondazione Federico II, regione e sovrintendenza si è confrontato e su un percorso sul quale c’è la convergenza della direzione dei beni culturali e della sovrintendenza e per affrontare le criticità degli altri siti. Un’ottica condivisa da più parti: “Facciamo le politiche dei piccoli passi, partiamo con una serie di lavori e investimenti da questo gruppo di 5 monumenti per riqualificare il territorio, allargando l’attrattività di questi siti”, è la tesi di Aurelio Angelini, direttore fondazione Unesco Sicilia. Dello stesso avviso Patrizia Monterosso, direttore della fondazione Federico II che ha fatto gli onori di casa all’oratorio: “Questo è il metodo di lavoro giusto, che mostra una sinergia con le istituzioni – ha detto – la nostra cultura chiede di essere svelata non solo a noi adulti ma soprattutto ai giovani. Vedere questa interlocuzione, anche con il mondo dell’associazionismo è la strategia vincente per allargare il riconoscimento dei nostri siti”.